domenica 21 novembre 2010

Mani














Come di mamma
il tuo abbraccio
stringe
pur quando non c’è più.

lunedì 16 agosto 2010

Ti presterei volentieri il cuore














Ti presterei volentieri il cuore
in che condizioni lo troverai
l’aorta sghemba
il ventricolo consumato
l’atrio stanco
e per niente spazioso
ha vissuto
ha fatto il suo

a giudicare dal sangue che pompa
ha ancora tempo per te.

giovedì 15 luglio 2010

L'argine










Gonfiano le sponde
crepano le muricciate
travolti sono i primi animali.

L’argine
s’è rotto
il fiume

nella notte
straripa
i contadini
tutti nel paese
suonano l’allarme
la parola d’ordine è contenzione
provano e provano
è inutile tutto
non capiscono
se i campi secchi di prima
sono perduti
allagati
o germoglieranno

Solo un neonato
non visto
a mezza luce
nella culla
lasciata sola
dall’emergenza
sorride
sogna l’acqua in cui ha nuotato
la stessa acqua

capisce senza errore
l’amore ha
attraversato un uomo.

lunedì 28 giugno 2010

Fontina Boy innamorato

Sì, è così. Purtroppo succede anche al migliore. Se non vi fosse stato chiaro dalla primavera incipriata di profumi sapori e tempere, dai pettirossi che sono tornati a casa, dai gatti arrotati per strada più di qualche mesata fa, dovrebbe esservi stato lampante dall’invadente presenza di poesie invece che dei soliti stupendi raccontini con cui generosamente mi dono a voi. Come dire: anche come poeta sconfinfero nell’immensità di Mina. Il fatto è che, pochi mesi fa, durante la solita razzia mensile alla mensa della Caritas in cerca delle spinacine di tacchino che come le fanno lì nemmeno sul Lago Titicaca, ti conosco questa cittina dolcissima che mi si presenta come un gomitolo di pelle di pollo di Apelle figlio di Apollo che palle! Se l’erano dimenticata lì e, tutta annodata com’è, riesce a malapena a dirmi due parole ("Buttami via...") e io capisco che, a furia di stare a gambe incrociate, s’è bloccata tutta. Ha formicolìo ovunque. In realtà capisco male, ma giusto per un nonnulla: ha la focomelìa, cioè tipo il formicolìo quando si sforano i tredici anni intorcinati nella stessa posizione. Allora le butto là una battuta ironicissima per distenderla -‘Certo che sei proprio triste. E muoviti, cazzo!’- e infatti lei si scioglie nel sorriso meno a trentadue denti che si può immaginare, solo che si scioglie anche l’incantesimo da cui si vede che era afflitta e in men che non si dica mi ritrovo abbrancato da una sirena che Splash!, quella di Manhattan, al confronto era la mia maestra Giannunzia Sottaceti. Mentre mi abbraccia, mi sussurra anche il suo cognomenome, che adesso non ricordo per esteso, ma praticamente si può dire che, riassumendo, fosse questo: Sborra Tina. Come lo dice, l’incantesimo si spezza di nuovo e io non sono pronto a carpire cosa vuole la voce metallica che ora sostituisce il sussurro e che per un minuto abbondante continua a ripetere: “Insert Coin!”. O meglio, io sono abile e veloce a traventarle dentro la fessura per le monete che si ritrova fra le cosce il primo Coin che ho trovato a portata di mano, ma non serve a niente, quella è già tornata l’aborto di sempre. Per non rischiare di sbagliare persona, che a questo mondaccio non si sa mai, le chiedo premuroso se è sempre Sborra Tina e lei annuisce peut-être con la testa. Sarà, borbotta il mio Marco Pisellonio, ma voglio fidarmi e realizzo che il provare a rimodulare lo stesso tritìo romantico di parole che prima m’era proprio scappato, potrebbe far ritornare fra noi quella che io considero la vera mitica Sborra, che tra l’altro mi farebbe piacere presentare a mio babbo se non fosse scappato con Splash! sul Lago Titicaca ma insomma un babbo al giorno d’oggi lo si trova. Come prima cosa ripeto le stesse identiche parole ma non succede niente, al che mi innervosisco, mi dico che mi sfotte e la batto contro un muro, ottenendo come risposta: “Tana libera Tutti”. Tutti, i miei cinquecentomila amici immaginari e omonimi, visto che il nascondino è finito, se ne tornano a casa. Sborra invece resta lì ma ce l’ha con me, eppure io non mollo. Questa tenacia che sconfina nella dedizione mi squarcia il velo di Maya che ognuno si porta dentro. In un lampo so di cosa si tratta: è ammorevolezza! La guardo e, nei suoi occhi, dietro la cataratta e l’odio internazionale, ci vedo lo stesso sentimento: ammoniaca! È fatta, l’ho trovata! Subito intuisco che devo redimermi ai suoi occhi, cambiare rotta e così mi getto a capofitto nella poesia, di tutti i tipi (ma lo stilnovo ermetico mai!), e questi sono i risultati finora prodotti. Io spero che così facendo torni la sirena, ma nel frattempo mi sorbisco Sborra, che per non saper leggere né scrivere mi giura che alla decima poesia me la farà vedere. Ecco perché, tutto sommato per ammazzare il tempo, leopardeggio a più non posso.

Sì, sono proprio curioso di vedere come farà a imbastire, lei così impedita, la famosa posizione yoga della spastica.

lunedì 31 maggio 2010

Conosco le pieghe delle tue mani















Conosco le pieghe delle tue mani
a una a una
il nodo grosso delle
falangi e della mia
gola
le unghie brevi, e curate,
gli incavi della vita
gli scarti di quella
vena
il tondo dei polpastrelli
le dita digitali
si muovono sottili come
alici sul pelo dell’acqua
le sfoglio
e sono
pagine di un romanzo
non scritto
di cui esistono solo
l’inizio e la conclusione
due parole per il tutto
le stesse
indicibili da sempre
o da mai.

lunedì 10 maggio 2010

La tua casa















Conosco

le vene di

tutto il paese.
Vene d’acciaio.

Conosco

tutte le arterie
di questo e
di altri paesi.
Arterie di fumo.

Conosco
e sono instabili
le rotte fatte
di mare e d’aria.
Se non tutte,
quasi.

Niente da fare.

Fra tutte le cose
fra tutte le case
compresa la mia
la tua
è l’abbraccio stretto
è il respiro fermo
è la mammella che nutre
è il mondo in una stanza

anche quando
ti allontani,
sei sempre lì.

mercoledì 5 maggio 2010

H di Ospedale

La maggioranza degli esseri umani ci nasce e poi, anni dopo, a volte pochi, a volte troppi, mai giusti, ci muore in ospedale. Per quello più o meno tutti hanno paura della morte, non riconoscono il luogo per quel paradiso che è, un lazzaretto di dolore e umiliazioni ma anche di bambini che vengono al mondo a volte pure deformi però vuoi mettere a volte no affatto, non se lo ricordano che lì sono successi le cose più belle della vita, tipo il nascere, l'essere picchiati con la spranga per emettere il primo ruttino (ché, cazzo!, non sta bene ruttare), o il morire. Io, che invece mi devo sempre far riconoscere (una volta, pensate un po', durante la foto di classe in prima media, mi venne da starnutire e nella foto in pratica si vedono uno Sgorbions -il ganziale Matteo Cappereo però!- e tanti cittini con la chiostra del sorriso di chi dice 'salute' e non 'lox and creamcheese'), ci ho vissuto praticamente i miei primi tredici anni della vita. La-à, al bacio. Del resto negli anni Ottanta gli affitti di una camerata da trecento indiani di Calcutta con letto e tv-color (flebo a pagamento per conto dei trafficanti di organi) erano così bassi che ancora conveniva barricarcisi dentro, con il riflusso degli anni Novanta è poi convenuto guarire purtroppo e anche il mio corpo, mio malgrado visto che ormai mi ci ero abituato parecchio benino, ha seguito il trend. Prima invece, fra palle da far cadere in buca, ascessi da rendere meno eccessivi e figli illegittimi avuti con infermiere di varia natura da rispedire al Grande Architetto, non sapete che momenti di sollazzo. Tanto che una volta provai pure a scrivere un romanzo, giacché lì dentro c'ero e lì dovevo restare, ma dopo un 345 pagine pubblicate in prima edizione da Bompiani con lo pseudonimo di Alberto Moravia, le stesse mi iniziarono a risultare indifferenti e la piantai lì. Ma tornando con un volo pindarico all'epoca felice che fu, l'ospedale mi era così proprio che io pensavo proprio di averlo, possederlo tutto per me, come tanti bambini coetanei potevano avere la gigantografia robot di Goldrake e altri la patinatissima leucemia a macchie di leopardo. Ho Spedale, come scrivevo nel mio temario, solo che la H non si pronuncia in italiano e tutti si sbagliano a scrivere, pensavo, mentre il cuore sobbalzava per ogni gol dell'ala destra dello Spedaletto. Immaginate voi la delusione quando, una volta dimesso per sempre e sprofondato nella vita senza flebo senza infermiere che hai voglia a dire ma fra un catetere e l'altro un succhiotto al lillo non te lo facevano mica mai mancare, ho scoperto che Hospital si scrive con la O.

Se non altro la H sui tetti degli Ospedali dove posteggiano gli Helicopteri sta ancora per Hanno ucciso l'uomo ragno, una canzoncina deficiente che all'epoca piaceva a tutti me compreso.

domenica 25 aprile 2010

Verso sera














Vorrei
provare
quella calma
ricca
di tranquillità
trovarti
tornando
a casa
verso sera.

Vorrei
potermi

poterti
dire
tu apparecchi
io cucino
amore?
al ritmo di
una luce
tremolante
che intanto
non è il buio
quando è sera.

Vorrei, potrei, mi piacerebbe
verso sera
la comodità
gioca in casa
un divano ampio
la seduta retta
vieni qui da me?
accoglie.
Probabilmente sarei perfetto.
È che non voglio.

Dove metto
le ombre

le nebbie
i morti
li ho dentro
mi parlano
ne sanno
una più del diavolo
figuriamoci dei vivi.

Cosa faccio
di questa bava
sottile
di lumaca, ultracorpo
ultrapensiero
infatti ci vede oltre
infatti tu rispondi
e ti vede là
come se fossi qui
quando ti scrivo
verso sera
e forse è anche più tardi.

Ecco oggi
torno a casa
verso sera
le famiglie
nel supermercato
i marinai sono scimmie
sulle vele
del porto dirimpetto.

Mi fermo
vedo me dipartire
l’uno qua
l’altro là.
Mi fermo
e ti penso,
non sarai un’àncora
ma una boa sì.

sabato 3 aprile 2010

La frutta fa bene











Nel gennaio del 1985 ero ancora di molto monello, ovvero:
1) se mi scappava mentre stavo giocando la trattenevo finché non dicevo stronzate;
2) se mi scappava mentre stavo giocando la trattenevo finché, invece che scappare, poi la birichina la dovevo stanare io;
3) nel dicembre 1984 avevo smesso di credere a Babbo Natale perché avevo scoperto che era il mi' babbo travestito e poi, per par condicio, alla Befana, anche se non avevo ancora scoperto che era il mi' pizzicagnolo Carlotta en travesti;
4) piuttosto che lavarmi i denti mi nascondevo sulla Luna. Non avete idea di com'è simpatica e solare, la Luna;
5) piuttosto che mangiare la frutta e la verdura mangiavo la chianina a 40 euro al chilo e una tartare di branzino;
6) ascoltavo Rachmaninov al mattino e lo correggevo alla sera.
Tutto questo popò di inferno non poteva continuare a lungo e, dopo tanto arrovellarsi, nel febbraio del 1985 i miei genitori si trovarono tutti e cinque d'accordo per una risoluzione drastica: 'Tu ora la frutta la mangi, figlio di troia!' Fui talmente rapito dall'ardito convolvere delle loro argomentazioni che mi decisi a dar loro retta: 'Passi per la frutta, troiai che non siete altro, ma la verdura ve la mettete nel culo!'. E non sto qui a dirvi come s'incastravano ravensburgerianamente quei ciuffetti odorosi di sedano alle loro mele tutto sommato ancora giovani e ardimentose. E fu così che, molto lentamente, nel marzo del 1985, al mattino con Rach3 intavolavo già filosofici cippirmerli sulla bellezza e la necessità di due specie in particolare, altro che tuttifrutti: il cocomero e il fico. Del cocomero entrambi apprezzavamo il fatto che a marzo ancora non lo avremmo mai potuto conoscere e quindi non ne parlammo più, anche perché tutto, pure il cocomero, scompariva di fronte al nostro favorito: il fico, e chiaramente intendo il fico di specie mulingiana. Bello come il sole e coriaceo, traslucido e d'un nero perlaceo, scuro di peli, l'esterno. Eppure, quando la conformazione del succulento frutto, così tipica e così simile a quella del topino che c'aveva (c'avrà ancora, immagino) la mamma in mezzo alle cosce, si spaccava in un taglio verticale e rivelava quell'incarnato concavo, fatto apposta per la misura e l'ingordigia della nostra boccalingua, tenero e molliccio, rosa e finanche rosso chianina, e dolce oh quanto dolce!, così spudorato per definizione e così esoterico, a noi ci pareva subito chiaro che quell'altro linguino che noi maschi avevamo fra le cosce doveva pur servire a qualcosa. Pensavamo succhiando fichi. Solo dopo un sacco di tempo, nell'aprile del 1985, senza essere arrivati a capo dell'enigmatico 'qualcosa', io e Rach3 decidemmo di arrenderci alla sua inutilità e di schiacciarci reciprocamente con un cocomero primizio quella deludentissima seconda lingua, tanto finché non si staccò.

Per solidarietà io mangiai la sua e Rach3 la mia, e fu lì che scoprimmo la bontà infinita dei datteri.

martedì 16 marzo 2010

Album















Ce l’hai Dossena?

A quattordici anni
ne parlò anche
il telegiornale
ricordo
un collezionabile
cui mancava
un pezzo.

Era stato fatto
di proposito
era una truffa.
Giurando di averlo visto
noi lo cercavamo
in ogni pacchetto
-ecco, ora esce!-
-vedrete, qui c’è!-
ce lo aspettavamo
come fosse dovuto
come il cane la ciotola piena
senza tanti perché
per il digiuno.

Oggi che pure
non sono passati
tanti anni
abbiamo
tutti stipato
cassetti di doppioni e
ci siamo
tutti detti
che quell’album ha
un nome e
la ricerca una scadenza.

domenica 28 febbraio 2010

La fine dell'amore














dopo tanto lavacro
muscoli
di guance scolpite
sorridono

finito o (nemmeno) iniziato,
un appetito nuovo

sabato 20 febbraio 2010

Fanny la mitopoiesi















Nutriva grandi ambizioni
risolvere la questione dell’uranio impoverito (poverino!)
fare le divisioni con i controcoglioni
vivere, di sicuro, in qualche bel libriccino.
Le soddisfò in parte,
ma -occorre dire- una buonissima parte:
le divisioni, che arte!
Fu la vita, invece, a decidere il resto per lei:
lo sradicamento, ora dov’è che sei?
(Parmigiano e cavallo pesto)
l’insegnamento, un lavoro mesto
per chi ha fame di conoscenz-iamoci in chat? See More
e sulla spalla (per tacer di Gigliola che cinguetta che è un amore)
non le basta certo un pat-pat
gli incontri clandestini, son tunisini, marocchini, algerini, carbonato di sodio, aretini
ché a cavalli donati
non si guarda in bocca
una vita, ecco, di fuggi e tocca.
Scompariva lenta dalla vita
una vita ‘tanta’ così
senza che ce ne accorgessimo
se letto di più avessimo
trovata l’avremmo nel Bhagavadgita.
Invece puf
proprio lei che ogni mattina prendeva il ciuf ciuf.

Tanto repentina

che l’uno dice: ‘non c’è mai stata a Parma!’
e l’altro ridice: ‘fiuu, altrimenti addio karma’.

martedì 26 gennaio 2010

Cose turche



















I bagni turchi, in slang locale cosiddetti Hammamet, sono caldi terapeutici per turisti costosi in sostanza un'inculata. Come vedremo, letteralmente. Tutta la Turchia è del resto un'inculata, io per esempio la consiglierei a me stesso solo se per sbaglio fossi certo di essere poi spedito in Ruanda che un po' sì fa schifo pure quella ma vuoi mettere i negri da schiavizzare durante i revival del bel tempo che fu? Ad ogni modo, uno che decide di andarci, prima deve superare la mitica difficoltà numero uno: trovarlo. Questo perché, sopratutto a Istanbul, è come stare a Babele, solo non per il fatto della confusione delle lingue, bensì delle strade. Io per esempio una volta andai a destra invece che a sinistra e mi trovai in Ruanda che un po' si fa schifo pure quella ma vuoi mettere i negri da schiavizzare durante i revival del bel tempo che fu? Poi di solito arriva, come un fulmine a ciel sereno, la difficoltà numero due: è chiuso. Sì d'accordo, c'è il campanello per suonare ma io a quel punto mi sono già stufato, fatemele facili le cose no?, e via dicendo sennò a quel punto, che mi costa?, vado in Ruanda che un po' si fa schifo pure quella ma vuoi mettere i negri da schiavizzare durante i revival del bel tempo che fu? La terza e ultima difficoltà, poi, dico una volta entrati e tutto quanto, è che di solito i bagni turchi non esistono, sono solo luoghi comuni creati per i turisti -spesso i più finocchi!- e al loro posto uno scopre che in realtà c'è il Bar Rino (bar-rino!) che sì va beh è carino però a quel punto quello lo trovavo anche in Ruanda che un po' si fa schifo pure quella ma vuoi mettere i negri da schiavizzare durante i revival del bel tempo che fu? Il preambolo serviva, oltreché per creare atmosfera (parecchia!), a spiegare un altro luogo comune tipico che la forza di gravità ha creato intorno alla Turchia: sono cose turche. Poi c'è anche da dire che il bagno turco lo puoi fare da solo (ma a quel punto, che mi costa?, allora me lo faccio in Ruanda che un po' si fa schifo pure quella ma vuoi mettere i negri da schiavizzare durante i revival del bel tempo che fu?) oppure c'è l'omino che lo fa per te e a quel punto, se volevo restare sporco, poteva restare in Ruanda che in questo caso fa parecchio schifo e punto. Se scegli l'omino perché da solo non sai come si fa un tipico bagno turco, vuol dire che di cognome non fai Ozpetek ed è un bene. In pratica, dopo lo gnudamento che per fortuna avviene in privato perché uno pensa che i turchi sono gente riservata col cazzo!, l'omino ti conduce mano nella mano nel luogo virginale dello stupro. Indossi dei sandaletti col tacchetto più froci di Harvey Milk (lui sarebbe felice del paragone!) e, giocoforza, basculi il culo alla mercé dell'omino che intanto sta spompinando un angelo in questo luogo virginale, ma finirà presto non vi preoccupate. Quando è di nuovo tutto per te, l'omino ti rignuda (perché nel frattempo t'aveva avvolto in un telo da mare di quelli a sconto a Cesenatico) e con un guanto tipo quelli per i peli dei gatti ti riduce la pelle tutta bella liscia come quella dei grandi ustionati al reparto dell'ospedale di Dachau. Lo stereotipo più trito vuole che l'omino ti agganci la prostata con il dito indice a martello, e infatti è vero. Dopo un po' di sollevamento pesi per dimostrarti quanto sono machi i turchi, molti sciaquii e un tris di sconocchiamenti delle vertebre, l'omino si metterà inderogabilmente in bocca il ditino odoroso come un bimbo ed è quella la fregatura di tutti i bagni turchi come non ce ne sono manco in Ruanda che purtroppo è una nazione che al mondo esiste: tu non resisti a tanto afrore infantile e ci sta che lo abbracci come non hai abbracciato neanche tua mamma dopo che l'hai fatta a pezzi e hai minto sopra il suo corpo (chissà quale pezzo ne ha beneficiato di più?).

E' lì che l'omino, approfittando di tutto il tuo stupore per le cose del mondo e per le relazioni interculturali, ti derviscia e ti inkebabba senza precuazioni. Sono cose belle.

sabato 16 gennaio 2010

L'arrivo a Roma















Ogni volta che arrivo a Roma -il regionale da Arezzo, dopo le tante soste, va a incunearsi immancabilmente al binario numero uno o, appena più in là, al terzo, come a rivendicare un primato di orgoglio che i quadri ferrovieri gli hanno negato dalla nascita- mi prende il magone. Dal treno, la prospettiva è sbilenca e univoca e quando vedo affiancarsi la via di una tangenziale teoricamente anonima ma che, in pratica, è solo e soltanto quella là, io già sono preda di ubbie indefinibili. Poi passano, come un esercito in fila in attesa della ripassata di sguardo del capitano, l’edificio in vitro di Sky, qualche fintantica trattoria, i pini marittimi che in Italia dov’è che non sono. Già lo so, che sto arrivando, ma il culmine arriva poco dopo: con lo scorrere, invariabile, di palazzi che, oh sarà pure improbabile!, ma paiono esistere solo a Roma: sono rossi, tozzi, squadrati, massicci, ed è chiaro in un lampo: stanno riflettendo, architettonicamente, tutta la tronfia e poco duttile violenza carismatica del vecchio dittatore. Un poco, anche, del suo squallore di onnipotenza, un poco del suo gusto estetico. I binari, una lunga colata di cemento, due sprazzi impressionistici di verde e questi cosi così. Roma è alle porte, e il suo tramite è l’ingresso in città visto da una metropolitana dipinto da Hopper. Tutto questo non solleva il magone, anzi. Lo stimola (forse: lo crea), lo alimenta, in parte lo sazia. Già, perché Roma non è magnanima; Roma, metropoli di oggi che sa quanto è pesante il passato e pertanto può predire il futuro, non ti concede tanto tempo per crogiolarti nelle tue indicibili nostalgie, nelle tue proprie malinconie. Dalla tangenziale, se il treno non è più lento del solito, non ci sono più di cinque minuti per arrivare a destinazione, al capolinea estremo che è lì a dirti caput mundi di qui non si passa o si scende o si torna indietro. E lo scendere significa già precipitare nei tempi di Roma e, quindi, abbandonarsi al caos e amen. Nostalgie e malinconie riverranno, tranquilli, perché Roma è impossibile viverla tutta, e quindi, nel quieto cantuccio del proprio quartiere, la vita, facendosi di nuovo un po’ provinciale, si fa anche di nuovo sola. La vita di quartiere, una sorta di àncora di salvataggio, dove tutto -anche la solitudine- è riconducibile a una realtà, per quanto ambigua e sfuggente, e ti dà un senso di concretezza, pertanto di -sua- superabilità. Che a dare retta a Roma si finirebbe soli e disperati, incapaci di comprendere sé stessi e gli altri, tutti pazzi. La follia di essere eternamente singoli nella folla; perché ti mangia, Roma, se non stai attento, come fa Sordi con i suoi maccaroni. E attento è dura esserlo, a Roma: lei fa di tutto -con la Storia, con la cultura, con la natura, con l’esibizione di Sé- per distrarti, per farti mollare la presa e poi, zac!, un lampo e sei fritto, come i fiori di zucchina che da altre parti, nei baracchini, mica ce li vedi. Un vampiro che ha bisogno delle storie minime di ognuno di noi per nutrirsi, digerendole, metabolizzandole e, saziato, risputarle sotto forma di Storia, quella con la S maiuscola. Che Roma, forte e debole per questo (e lei lo sa!, la meretrice, sempre disposta dunque a vendere e vendersi), ha bisogno degli esseri umani, del loro sangue, (in)consapevolmente votati al suo sacrificio; e i suoi abitanti, i romani, sono di Roma, mercenari e scagnozzi che ne hanno ormai assorbito la filosofia: ti chiedono e non ti danno, ti impongono senza ascoltarti, ti usurpano sapendo di calpestarti e credendo, con il compiaciuto candore di chi sa di potersi permettere ogni cosa, di farti un piacere, o un dovere alla meno peggio. Che essere seppellito da suole romane non è mica cosa da poco, è il loro ammicco.
Eccomi, mi vedo arrivare alla Stazione Termini, una scrollata e la maniglia va giù, la porta si apre, il predellino si abbassa. Sono pronto a scendere e, al solito, non ho tempo di pensarlo come atto, soltanto di compierlo. Il vagone è alla mia sinistra e alla destra già si intravedono i risultati degli scempi economici nazionali. Già Roma mi ostacola nella scelta e mi dice dove andare. Non c’è che una direzione, quella davanti a me -tirare dritto, pensando a sopravvivere e menefregandosi degli altri. Con la valigia che pesa, un altro ostacolo che mi forzo di non considerare, mi incammino. Non faccio in tempo ad arrivare alla hall -il solito edicolante, il solito bar, la solita scalinata verso il piano inferiore, quello che conduce verso le linee metropolitane, il cuore infernale della città. Mi sento già perduto, mi accoccolo lì dove sono, intralciando il passo, mi metto a piangere lacrime di indifesa. Hanno uno strano sapore dolciastro. Strano perché purtroppo non piango spesso. Ho, causa forte miopia, il sacco lacrimale arido come il Sahara. Senza neanche un’oasi di fertilità che non sia, di tanto in tanto e finalmente, l’estrema disperazione. Resto lì il tempo di capire, di nuovo, che non ci posso, che non ci puoi fare niente.

Mi rialzo e sono tuo, Roma. Ora scendo giù, remissivo, senza sfida, nelle tue viscere.

sabato 2 gennaio 2010

Lettera all'America

















Cara America,
forse ti sembrerò infantile, però io di notte mi addormento pensando a te e di mattina mi risveglio che ancora penso a te come se non fosse passato l'indomani. Tu dirai che è per via dell'insonnia, e forse hai ragione, però t'assicuro: fra una sega e l'altra, perché con qualcosa dovrò pur ammazzare il tempo, è con sincerità e rettitudine che mi ti figuro. Stai lì, tutta dritta impalata, con quell'abito a stelle e strisce che ti dona una meraviglia: che figurone fai! Ma giovanina che sei, poi. Sei proprio un amore, guarda. Non c'hai una grinza manco a pagarla e tutta la pelle sembra quella di una palla di pelle di pollo di quelle che Apelle figlio di Apollo usava per far stare a galla tutti i pesci figli di Ippocrate. Ti stringerei tutta e, se potessi, ti infilerei il mio cucchiaino nella tua vaschetta di Motta al tartufo nero. Lo accetteresti? Ho paura a chiedertelo direttamente e allora lo scrivo in questa costituzione qui: è un comma sulla ricerca della felicità. A proposito: com'è che il tartufo bianco lo finisci sempre subito di prima mattina? Ah senti, so anche che per il ballo di fine scuola speri di essere invitata da Ronald Castrocaroterme, che gli fai il filarino da qualche mesata, però io te lo dico lo stesso: lui è un brutto ceffo e io invece mi sono innamorato di te. Come ti vedo, sto bene e mi piglia la voglia di pensare che se io sto bene allora dovresti stare bene anche tu. Invece gli adulti cattivi mi dicono che non te la passi bene, che c'hai la crisi e sgomento di rabbia mi dico: beh, in quel caso lì vai affanculo e lasciami in pace oh. Poi però mi pento e ci ripenso e ti ripenso e sgomento di affanno mi chiedo: ma i bubboni le saranno venuti? Quando a me venne la varicella, me ne grattai via uno e a tutt'oggi ho un'ulcera a forma di South Dakota vicino al bilìco. Lì è un altro momento storico in cui mi sono innamorato di te, ma quanto sarò carino? Saperti parte di me mi ha fatto sacrificare una sborrata in tuo onore. Non so, vedi tu se vuoi rendermela in qualche modo: io sono di nuovo carico. Poi c'hai 'sto fatto che sei sempre di buon umore che proprio mette di buon umore, e anche il fatto che comunque non è che azzeri ogni chance a me un pochino piace: cioè, uno ci prova con te e forse gli va bene, ma anche se non gli andasse bene alla prima, tu gliela rifai vedere, quello si ringrilla, ci riprova e stavolta, miracolo!, panfete!, gli va bene. Com'è accaduto con Robertino del Delaware per dire, no? Ecco, lì mi sei piaciuta un casino, e sono sicuro che prima o poi sarà la volta buona anche per me. L'unica cosa è: non ti far attendere troppo sennò mi tocca violentarti e non sta bene. Okay, quel che volevo dirti te l'ho detto... ciaoo. :-)

Con affetto,
Fontina Boy

P.S. Ah no, dimenticavo: ma un po' di dieta mediterranea ogni tanto no, eh? Va bene, come non detto.

lunedì 21 dicembre 2009

La fica fredda

Nella mia storia ficale nessuna è stata profeta in patria. Conto zuppe inglesi, sacher austriache, kukke finlandesi, borscioi lituane lèttoni financo èstoni. Poi conto americane, egiziane, coreane, australiane, puttane. E conto anche vietcong, naziste, marocchine, bastardi, ebraismo, e però di italiane manco l'ombra. O meglio, una volta c'ero praticamente riuscito ma, una volta sdipanata la matassa setolosa e penetratala col machete, dentro ci ho trovato Vasco Pratolini che ammansiva la semenza su come si prepara il miglior lampredotto ever e ho preferito uscirne con discrezione e andare a passeggio per San Frediano. Fu sul ponte che incontrai un'indianina che ce l'avrà avuta pure Agra ma Colombo è ancora lì che si mangia le mani. Insomma, uno poi a casa si fa due conti con la Casio X201 con i numeri financo decimali e il pi greco mica gli torna. Perché se è vero che niente fa bene come il melting pot, a uno poi gli vengono strani pensieri: sarò mica brutto? Yasmin l'egittologa che ama gli obelischi e le cavità piramidali farebbe dire di no, anche se a furia di sfregarla in effetti manca poco che mi cambia i connotati. Sarò mica nerd? Konditorei la pasticcera amante della buona crema fresca avrebbe piuttosto detto che sono nerk. Sarò mica basso? Sì, vallo a dire alla coreana Che Lo-chi che se poi ero più alto quel 69ino chissà ma sbilenco che sarebbe venuto fuori. E poi oh: se volessi solo approfondire la mia stessa cultura? Niente da fare ed ecco spiegata la fuga dei cervelli. Perché la cosa insomma simpatica e parecchio tenera delle esterofile è che alla fine sì ce l'hanno questa famosa fica ma mica ci fanno tanto caso, è un pezzo del loro corpo come può essere una mano, che se ti vedono in difficoltà una mano a uno straniero in terra straniera la danno sempre no?, e così allora se ti vedono che sei depresso perché insomma un po' sì ma poi con queste famose seghe può anche bastare di farsele no?, ecco che allora te l'allungano la fica senza tanti problemi, ci sta anche che te la prestino per qualche giorno e poi, con comodo, dopo che l'hai ben bene usata, peraltro senza abusarne, tu gliela rendi mica del resto vuoi rubarla eh! Invece le italiane, sarà per via che hanno patito la guerra, quella che da tanto è stata bella è stata mondiale, sono lì madonna che se la tengono stretta diocaro manco fosse esteticamente tanto fica. E che è? Sta cosina un po' rossa un po' nera, carnosa qui, pelosa là, bellina sì ma insomma stiamo calmini eh!, la fanno sospirare tutta che poi uno dice "è stupro!" e ci credo visto che di sua sponte proprio non c'era verso che me la desse. Scherzi a parte, io credo fermamente che le italiane la sminigonnino tutta, la agitino, la facciano intravedere alla bisogna e poi basta perché questo è quello che siamo: tutte chiacchiere e distintivi. Poi a noi ci piace il gelato ed ecco spiegato il perché non la usino quasi mai, tenendola lì giacere al freddo. Una mia fissa è arrivare alla fica, che so, di Sofia Loren: che grattachecca sarebbe quella!

Concludendo, consiglierei comunque la tipologia australiana: ha la tasca davanti, dà certi colpi da boxeur, saltella tutta... una vera ficata.

sabato 5 dicembre 2009

Le coppie





















Le coppie
sono quelle di ieri
sono quelle di oggi
le vedi sempre
da sole

in silenzio.

Passeggiano
passeggiano
passeggiano

in silenzio.

Si sente
solo
il tac-tac
di tacchi alti
e non distante
il tump tump
di suole larghe
a terra
sempre più pesanti
sempre senza grazia.

Si frequentano
le coppie
da sole
o a coppie di coppie

in silenzio.

Tlin tlin
solo
fa la forchetta
come va come non va
ti servo da bere?
puoi sentirli anche da qui
i loro discorsi
detti in silenzio
sempre uguali
da adulti

adulti.

Passeggiano
a volte una mano

intreccia
l’altra
cerca
e forse trova
la condivisione
di spazi
di pensieri
di ideali

di vita.

Passeggiano
le coppie
in silenzio
come da sole
unità più unità
mai somma

mai plurale.

Eppure
chi è solo
veramente
sa
eccome se sa
anche la divisione
frutta qualcosa
in termini puramente algebrici
fosse di segno negativo
non necessariamente positivo insomma
fosse qualcosa
che non sia sempre e soltanto
ogni giorno
quell’io - 1+0 - che rimbalza
di specchio in specchio
si rifrange
in case senza specchi
striscia sulle pareti
si posa sulle cose vive e
su quelle morte
e parla di una cosa sola
io io io io io

in silenzio.

Fosse qualcosa
anche di brutto
diverso da questa noia
sintattica in
prima persona singolare.

sabato 21 novembre 2009

Da uomo a donna

Contenuti:
1 lillo
2 mani

Età:
Da 0 a 99 anni.
(in presenza di peli, tuttavia, tutto sarà più magico)


Giocatori:
Maschi, in numero da 1 a 300 miliardi.

Istruzioni:
Aiutandosi con entrambe le mani, bisogna riuscire a torcere il lillo fino a farlo scomparire nell'altro emisfero. Vince chi, al suo posto, praticamente fa comparire una fica, con conseguente erezione dell'arbitro maschio maggiorenne nudo come un verme. Chi perde è un eunuco: cippirimerlo!

Avvertenze:
Oh, una volta io mi sono inculato.

domenica 1 novembre 2009

La tristezza

 
La tristezza è che l'anno scorso proprio di questi tempi se non anzi esattamente questo giorno qui di oggi però chiaramente datato un anno fa che non mi è mai entrato nella testa se l'oggi è il santo patrono dei santi o la festività natalizia della morte io ero con una cicala originaria delle propaggini australiane di là esattamente dove la polinesia rincontra dopo tanto mare altra terra parecchio desertica che poi non è altro che l'australia nell'altro continente perché noi siamo in questo emisfero qui e loro hanno l'estate se da noi bufa mentre il fuso orario forse è lo stesso valle a capire ste convenzioni dell'inpdap che a me mi basterebbero i buoni pasto per mangiare a ufo ogni giorno almeno a pranzo al dopolavoro quello ferroviario dico e insomma sta citta una cicala perché era parecchio brava a dilapidare risorse e fortune tanto che nel mentre che lei si girava l'europa a piedi i suoi genitori morivano naturalmente di bancarotta fraudolenta e a melbourne non è che con la bancarotta fraudolenta la fai franca facilmente e io glielo dicevo che doveva fare la formica e risparmiare su tutto e soprattutto su tutti visto che gli altri non si meritano il nostro rispetto e forse neanche la considerazione di noi ultimi perché sì siamo ultimi e a differenza delle sacre scritture che dicono che un giorno va' a capire quando saremo primi io primo non sono mai arrivato neanche alla campestre giovi-ceciliano poi c'è da dire che la tristezza ti mette addosso pensieri strani tristi che se uno fosse triste ci sta anche che si butterebbe dal primo piano perché cavolo io te l'ho chiesto gentilmente dammela e tu non puoi sempre e comunque rifiutarti e sii cortese pure tu a volte no allora ce l'hai proprio con me ma perché che t'ho fatto io e poi lei si può dire che era cicala anche perché fra il dire e il fare beh era parecchio bona però purtroppo pur che io gliel'abbia chiesta con educazione sfiancante non l'ho titillata abbastanza e me l'ha rifiutata insomma non me l'ha mai data sì va beh m'ha fatto qualche raspone due blaujobs mi pare anche tre eh ci sta sapete la memoria com'è inganna e allora però io non m'accontentavo e niente alla fine dopo tre giorni che pure l'ho ospitata dandole da mangiare la merda legata al letto con le maniglie del mio amore tanto che a quel punto potevo anche approfittarne ma io con le donne ce l'ho sempre avuta cara e mai gli avrei fatto una cosa del genere anzi al contrario l'ho fatta parecchio divertire segregata tre giorni in casa con sevizie in scatola da inventare nuove ogni mezz'ora e come si divertiva e come mai prima in vita sua tanto che lei per dire contenta m'ha confessato prima diceva così così e poi ha scoperto con me il togo parecchio però niente nonostante tutto niente alla fine insomma non me l'ha data.

Ecco com'è che sono diventato triste.

sabato 10 ottobre 2009

Si gioca a cerbottane?




----- Original Message -----

From: Fontina Boy
To: Ciccia LaTammurriata
Sent: Sunday, September 20, 2009 5:25 PM
Subject: “La ribollita”

Buongiorno Ciccia,
sono Fontina Boy, 29 anni (oggi).

Ho letto del tuo “La ribollita” e, siccome anche io sono un racconta-panzanelle della più bell’acqua, e per di più molto interessato a letteratura/cinema contemporaneo italiano come contenitore di storie e come specchio dei tempi, mi sono incuriosito.

Ti propongo uno scambio culturale: io ti spedisco una copia del mio saggio su Arpagone e le sette sorelle MacGregor e tu una del tuo romanzo. Ti va? Non vivo a Montesperti, ma ci vengo spesso per lavoro e amici; a letture finite, o pure inconcluse, ci potremmo incontrare. E a quel punto, magari, lo scambio culturale diventa anche CUL-turale. Ti va?

Anche tu scrivi cinema (o solo 'di' cinema)?
Hai un blog?

Fontina Boy
www.fontinaboy.blogspot.com



----- Original Message -----
From: Fontina Boy
To: Ciccia LaTammurriata
Sent: Friday, October 02, 2009 10:21 AM
Subject: FW: “La ribollita”


Buongiorno Ciccia,
sono sempre più io, Fontina Boy, 29 anni (non oggi).

Ho letto del tuo “La ribollita” e, siccome anche io sono un racconta-panzanelle della più bell’acqua, e per di più molto interessato a letteratura/cinema contemporaneo italiano come contenitore di storie e come specchio dei tempi, mi sono incuriosito.

Ti propongo uno scambio culturale: io ti spedisco una copia del mio saggio su Arpagone e le sette sorelle MacGregor e tu una del tuo romanzo. Ti va? Non vivo a Montesperti, ma ci vengo spesso per lavoro e amici; a letture finite, o pure inconcluse, ci potremmo incontrare. E a quel punto, magari, lo scambio culturale diventa anche CUL-turale. Ti va?

Anche tu scrivi cinema (o solo 'di' cinema)?
Hai un blog?



Fontina Boy
www.fontinaboy.blogspot.com

----- Original Message -----
From: Ciccia LaTammurriata
To: Fontina Boy
Sent: Sunday, October 04, 2009 4:53 PM
Subject: Re: FW: “La ribollita”

Buongiorno Fontina Boy,
se mi dici in quale librerie posso trovare il tuo saggio su Arpagone, che amo molto, lo comprerò, se sfogliandolo lo trovo interessante. questo è lo scambio più giusto che possiamo fare. io non ho un blog e per il momento non scrivo più di cinema, anche se spero di ricominciare presto.



Tanti saluti,
Ciccia

----- Original Message -----
From: Fontina Boy
To: Ciccia LaTammurriata
Sent: Friday, October 09, 2009 11:48 PM
Subject: Re: Re. FW: "La ribollita"

Gentile (?) Ciccia,
sono già sicuro che non risponderesti in partenza a una email critica di questo tipo (se dovessi smentirmi, sarò felice di stupirmene [questo inciso probabilmente ti inviterà a rispondermi, in ogni caso dunque la tua reazione sarà prevista]), quindi mi permetto di esasperare ulteriormente i toni grotteschi. Il fatto è che credo di avere inizialmente preso sottogamba la tua risposta, tanto che non ho fatto che pensarci nei giorni passati.


Sei stata un bel po' antipatica, non trovi?

Sarò conciso e chiaro: l'email che ti ho mandato a mio avviso era un puro esercizio di retorica, ovvero ero sicuro che la tua risposta sarebbe stata pressappoco un "Sì certo volentieri, specie visto che amo Arpagone...". Per come la vedo io, la tua risposta non avrebbe anzi potuto essere diversamente. Cosa ti ho proposto in fondo? Uno scambio alla pari, libro per libro (stesse condizioni: distribuzione nazionale, codice ISBN, e via dicendo...), come può o potrebbe succedere fra scrittori che si conoscono o anche che non si conoscono. Un modo, credo, gentile ed educato per venire incontro a te, e alla tua prosa, con me stesso e con la mia prosa. Nient'altro.

Tu invece, forse da buona e navigata professionista della letteratura italiana contemporanea (del resto pubblichi per Ciauscoli & Associati), mi contro-proponi l'acquisto reciproco e chissà se congiunto, solo che giustamente (non mi conosci, in fondo) non ti fidi e prima vuoi avere le prove che il mio libro valga il tuo, che del resto è pubblicato da Ciauscoli & Associati. E allora ciò che mi contro-proponi è impari: perché di base sai già che a me il tuo libro ha stimolato/stuzzicato/interessato, e quindi sai già che, accettato il tuo patto, lo comprerò anche senza avere bisogno di sfogliarlo, mentre tu avrai bisogno di questa ulteriore prova.


E ora io mi chiedo: quali requisiti dovrà incontrare il mio libro perché sia di tuo interesse o, all'opposto, perché ti deluda quel tanto che basta per non fartelo comprare?

Ti dico subito le caratteristiche positive che il mio libro ha: progressione della numerazione delle pagine incredibilmente progressiva e carta bianca con inchiostro nero. Il resto a me sembra interessante e scritto bene, però è giudizio soggettivissimo e opinabilissimo: praticamente, ti potrebbe deludere tutto. E quanto dedicheresti al test di sfogliatura: perché se ci dedicherai poco tempo forse avrai poco materiale per elucubrare un giudizio definitivo, se gliene dedicherai troppo forse finiresti per leggerlo tutto in libreria e magari allora, giustamente, non lo comprerai.

L'ho messa sull'assurdo, ma per dimostrare cose tangibili: vogliamo davvero arrivare a questo? Non ti sembra, insomma, di aver esagerato un pochettino?

Ultima domanda: dei nuovi autori Ciauscoli & Associati, oltre a te, ho conosciuto via email o di persona anche Giulia Gozzi e Martino Villoresi, ancora più insopportabili di te fin dal primo istante. Cos'è, Ciauscoli & Associati indice forse una selezione assai accurata per pescare gli intellettuali giovani più snob di questa nostra triste Italia? Il manager di tale selezione sarebbe un autentico genio, vista la percentuale di successi.

Fammi sapere che ne pensi.
Fontina Boy

----- Original Message -----
From: Ciccia LaTammurriata
To: Fontina Boy
Sent: Monday, October 12, 2009 12:23:06 AM
Subject: Congratulazioni!

Gentile Fontina Boy,
sei stato fantasticamente arbitrariamente inserito nel nostro fantastico indirizzario personale.
Adesso riceverai senza meno tutti i nostri fantastici aggiornamenti via fantastica email.

Congratulazioni fantastiche!
Ciccia LaTammurriata
Ufficio Stampa dei Fantastici 4

----- Original Message -----
From: Fontina Boy
To: Ciccia LaTammurriata
Sent: Monday, October 12, 2009 12:23:39 AM
Subject: Re: Congratulazioni!

Punto primo.
Evidentemente, Ciccia, non hai ancora capito cosa è e come funziona il buon senso. Il buon senso, per quel che mi riguarda, vuole che l'invio di newsletter dev'essere stato richiesto, dunque gradito. Mai richiesto l'invio di aggiornamenti dei Fantastici 4i, tanto meno a questo indirizzo (ti avrei detto di dirottare la newsletter sull'altro account TinculoleMail che uso appositamente per questo).

Punto secondo.
Prima ancora di una anonima e impersonale newsletter, da te mi aspetto una risposta più personale e personalizzata su quanto sai. Se vorrai, altrimenti il niente com'era prima e come può tranquillamente essere d'ora in poi. Non certo newsletter però. Ti invito ancora gentilmente ma urgentemente a eliminare questa mia email dal tuo indirizzario.

Punto terzo.
Mi sembra che di email in email (e siamo solo a due), tu non faccia altro che peggiorare la tua condizione nei miei confronti, che non è un giudizio di valore assoluto, ma una mia liberissima, personalissima, opinabilissima opinione, di cui però ti pregherei di tenere conto.

Punto quarto.
Chiariti gli equivoci del caso, non ho problemi a ripartire da zero, con una si spera finalmente sana comunicazione. Vedi tu se ti va o se invece no, ma ti prego sii onesta (con me e con te stessa) e coerente. Le vie di mezzo, non conoscendoci, servono a poco. Ho vissuto pacificamente 29 anni prima di mandarti un'email, vivrò altrettanto pacificamente il resto della mia vita senza sapere più nulla di ciò che sarai o farai. E' bene essere chiari, forse, e ti chiedo la stessa chiarezza.

Punto quinto.
Se non ti fosse stato chiaro, sono stato ancora comprensivo, educato, cortese, disposto al ragionamento. Non sarò più così.

Tanti saluti,
Fontina Boy

ps. ma quanto te la tiri, eh?

----- Original Message -----
From: Ciccia LaTammurriata
To: Fontina Boy
Sent: Monday, October 12, 2009 12:23:51 AM
Subject: Re: Re: Congratulazioni!

Gentile Fontina Boy,
purtroppo il tuo indirizzo si è aggiunto alla mia rubrica nel momento in cui ti ho risposto. è stato cancellato. non sei contemplato nella mia newsletter. stai molto attento a non scrivermi più.

----- Original Message -----
From: Fontina Boy
To: Ciccia LaTammurriata
Sent: Monday, October 12, 2009 12:23:55 AM
Subject: Re: Re: Re: Congratulazioni!

Ti denuncio per querela.

----- Original Message -----
From: Ciccia LaTammurriata
To: Fontina Boy
Sent: Monday, October 12, 2009 12:23:57 AM
Subject: Re: Re: Re: Re: Congratulazioni!

È meglio se la sera non esci più di casa.

----- Original Message -----
From: Fontina Boy
To: Ciccia LaTammurriata
Sent: Monday, October 12, 2009 12:23:58 AM
Subject: Re: Re: Re: Re: Re: Congratulazioni!

Io però volevo essere solo carino.

----- Original Message -----
From: Ciccia LaTammurriata
To: Fontina Boy
Sent: Monday, October 12, 2009 12:23:59 AM
Subject: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Congratulazioni!

Questo è stalking.

----- Original Message -----
From: Fontina Boy
To: Ciccia LaTammurriata
Sent: Monday, October 12, 2009 12:23:59:57 AM
Subject: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Congratulazioni!

No dai, non fare così.
Stalker comunque è di Tarskovskij.
Non finisce mica qui…

ps. ma la ribollita alla fine ti piace? Qua da me la facciamo che… mmm, gnam!